lunedì 28 ottobre 2013

SOLI … CON SE STESSI

Pare impossibile che in uno sport di squadra, forse lo sport di squadra per eccellenza, come il rugby si possa fare un'affermazione del genere.

Eppure questo sport, che da soli non può essere giocato, dove senza il sostegno dei compagni e quindi in solitaria non si riesce a fare praticamente nulla, si può parlare di solitudine: di se stessi.

Il rugby ti mette con le spalle al muro e oltre che con l’avversario ti fa lottare proprio con te stesso.

È da soli, solo con se stessi, che si impara ad accettare e a superare le paure del contatto fisico.

È da solo, solo con te steso, che puoi trovare la forza di continuare a rialzarti, lottare, quando tutto ti fa male, quando il fango ti lega i movimenti, quando sarebbe facile fermarsi, arrendersi e buttarsi sotto una doccia calda per lavare via il fango e il dolore muscolare.

Il rugby ci aiuta e ci insegna a superare i nostri conflitti interiori, ci mette di fronte alle nostre fragilità, ce le fa affrontare e ci insegna ad abbatterle.

Il rugby ci mette di fronte alle nostre certezze, ce le fa ridimensionare facendoci scendere dai piedistalli che a volte ci siamo creati da soli e ci riporta a lottare nel mezzo al campo con la nostra squadra, iniziando sempre più ad apprezzare l’appoggio, il sostegno dei nostri compagni.

Prima o poi nel rugby come nella vita “i nodi arrivano al pettine” e allora la tirata di capelli ci fa male, ma deve essere affrontata, non c’è nessuno che ci può pettinare al posto nostro; si può cercare scorciatoie radersi i capelli a zero cercare di scappare dai problemi, ma quelli ti inseguono: dalla vita e da un placcaggio fatto bene non scappi nemmeno se sei Jona Lomu. (questa massima non è mia, io l’ho solo riadattata al rugby dal film Radio Freccia dove Luciano Ligabue fa dire al personaggio principale che “dalla vita non scappi nemmeno se sei Eddie Merckx”).

Allora è bene affrontare la nostra vita come le onde del mare, che è vero che dopo essersi infrante sugli scogli tornano sempre indietro, ma non si arrendono e inesorabilmente ritornano alla carica in un continuo avanti indietro senza smettere mai, ed è così che prima o poi vincono ed erodono gli scogli che si trovano sulla loro strada.

giovedì 10 ottobre 2013

VOLARE

VOLARE è ...
riuscire ad evadere con la fantasia dalle briglie strette della vita quotidiana; stare con otto bambini che cercano di imparare di giocare a rugby è una buona evasione!

VOLARE è ...
trovarsi da soli a pedalare sul crinale di una collina con una poiana che sbatte le ali e poi plana leggera nell'aria parallela a te, a pochi metri da te, che quasi sembra che ti guardi negli occhi!

VOLARE è ...
dopo aver rotto un placcaggio, fare una corsa sfrenata di 20 - 30 metri, il cuore accelera al limite massimo i battiti, nessuno ti riprende, tuffarsi in meta schiacciando la palla in mezzo ai pali!

mercoledì 2 ottobre 2013

CONFRONTI

Da qualche mese ho ritrovato il tempo e la passione di tornare in bicicletta, quindi sono cascato nel solito vortice di mettere a confronto il rugby con le altre mie passioni in questo caso il ciclismo.

Ad una prima "occhiata" i due sport non sembrano paragonabili ma forse non è così.

Nel rugby c'è bisogno di passione, di coraggio, di determinazione per andare AVANTI:
devi superare muri di uomini che vogliono fermarti, mandarti indietro, ci vuol coraggio ad insistere, a spingere, lottare, sfondare, e quando le gambe ti fanno male, tutto il corpo ti fa male, è solo la determinazione e la voglia di conquistare un altro metro che ti manda avanti fino ad arrivare ad aggiudicarti la meta.

Anche nel ciclismo c'è bisogno di passione, coraggio, determinazione per andare AVANTI:
non ci sono muri di uomini che ti vogliono fermare, ma quando affronti le rampe di una salita la voglia di tornare indietro e di fermarsi è tanta, le gambe fanno male, il fiato è corto, la fatica si fa sempre più dura e guardare avanti scoraggia perché spesso non vedi la fine della salita. In questi casi la passione e la determinazione diventano il motore per fare un'altra pedalata, e poi un'altra per conquistare metro dopo metro la strada e arrivare fino alla cima, fino alla meta che ci siamo prefissati.

Una parte fondamentale del rugby è il gioco di squadra, da soli non si arriva quasi mai a nulla, la meta la fa la squadra, il sacrificio di un uomo che lotta e impegna gli avversari, libera spazi ai nostri compagni che possono arrivare in meta, il sostegno dei compagni è quello che ci dà la speranza di poter arrivare fino in fondo al campo e schiacciare la palla.

Beh anche nel ciclismo, che sembra più uno sport individuale, la forza dei compagni e di un gruppo coeso è determinante ad arrivare alla fine del giro che ci si è prefissati, vincere una volata di una gara.
Il sacrificio di un uomo che sta in cima al gruppo a spaccare l'aria rendendo così meno dura la pedalata dei compagni  dà a loro la possibilità di arrivare fino in fondo al percorso con più facilità, con meno fatica per poter così rendere esplosiva l'ultima azione, lo scatto che porterà alla vittoria la squadra che fino a quel punto ha tirato l'ultimo uomo. Se non si parla di gare ma di pedalate fra amici allora i più forti danno semplicemente la possibilità ai meno allenati di arrivare fino in fondo al giro prefissato con più facilità.

Come ultimo raffronto mi piace vedere una mischia di rugby come una squadra di ciclismo che fa una gara a cronometro in linea, tutti si devono muovere all'unisono, sincronizzati, con lo stesso ritmo per avanzare e guadagnare terreno o velocità per arrivare alla meta.

Boh? Forse il rugby non è così diverso dal ciclismo e forse è per questo che mi piacciono tutti e due.